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Che il mercato globale fosse impietoso, ormai si era capito. La causa potrebbe essere la competizione estrema, il numero infinito di concorrenti o semplicemente la facilità con cui si può raggiungere un potenziale acquirente nelle stesse maniere, da più fonti. Qualsiasi sia la causa, una cosa è certa: non basta più l’eccellenza e la qualità di un prodotto per garantire il suo successo. La maggior parte della sfida è basata sul pubblicizzarsi, farsi conoscere, attrarre pubblico, costruire un legame.
Per fare tutto questo, si usa la Lead Generation, un processo che, tradotto, significa “generazione di contatti”.
Canali online per la Lead Generation
Quindi, ok, ora che sappiamo cos’è un lead e l’importanza del generarli, la prossima domanda è: come?
Il mercato del digital marketing si è certamente evoluto in questi anni, riempiendosi di consigli, trucchi, strumenti più o meno consolidati… ma, se qualsiasi mezzo è lecito, è pur vero che ci sono dei mezzi più efficienti di altri, specie in una competizione impietosa come quella online.
SEO (Search Engine Optimization), SEM (Search Engine Marketing), Content Marketing, Social Media Marketing, Email Marketing, Landing page, Squeeze page… una miriade di termini che, presi singolarmente, vanno utilizzati in maniera complementare per ottenere un’efficiente strategia pubblicitaria. Uno strumento come il SEO, ad esempio, è ormai conosciuto un po’ ovunque, ma sempre in maniere fumose: conviene più il SEO o il SEM? Quale è il ROI di ognuno? Quali contenuti sui social e sui siti sono più performanti di altri per l’attracco e quali per il cosiddetto “nurturing” dei lead?
Le domande sono tante e, senza una chiara intenzione, sperare di ottenere dei risultati “facendo un po’ di tutto” è equivalente al cercare acqua nel deserto con una paletta giocattolo: non è impossibile la riuscita, solo statisticamente improbabile tendente all’infinito.
Cos’è il Lead Nurturing
Si è menzionato un ulteriore termine, fra le varie sigle e terminologie di marketing digitale, il quale merita una spiegazione in dettaglio. Come suggerisce la parola stessa, per i più anglofoni, il lead nurturing altro non è che la fase successiva al lead generation: ottenuto il contatto di un potenziale “prospect”, lo si cura, si stabilisce una sorta di legame sul piano personale, cercando di entrare nel mondo del consumatore e diventando una realtà facente parte della sua dimensione.
Il lead nurturing è solitamente realizzato attraverso il content marketing mirato, con indagini degli interessi e l’analisi delle interazioni con i post più riusciti. In generale, si può fare un confronto “vecchio stile” del lead nurturing, con i volantini promozionali inviati a chi ha lasciato il proprio indirizzo durante un evento di presentazione, dove si offrono contenuti interessanti, oppure sconti per invogliare all’acquisto dei prodotti.
Il processo di nurturing è, in buona sostanza, la parte più difficile. Non serve solo a non far passare in secondo piano il proprio servizio o prodotto al consumatore, facendogli preferire le alternative, ma è anche letteralmente la fidelizzazione di un cliente e la sua conversione in tale, partendo dal semplice interesse generico. In un riassunto, quindi, vendere.
Il funnel e il nurturing
Quasi come succederebbe nello spiegare come nasce un’amicizia, parlare di lead nurturing e lead generation porta inevitabilmente a menzionare il “funnel”. La somiglianza con tunnel non è casuale, infatti un funnel altro non è che un percorso studiato appositamente per raggiungere un determinato scopo.
Un funnel, in linguaggio di marketing, altro non è che una serie di strategie ed azioni atte a creare un vero e proprio “filo diretto” con il consumatore, facendolo entrare a contatto non solo con un nome e qualche prodotto in vendita, ma con una vera e propria identità di brand, capace di personalizzarsi e rendersi “vicina” alle esigenze degli acquirenti.
I processi con cui si può stabilire un funnel sono molteplici e certo non ne esiste uno univoco per tutti: si può parlare di una “squeeze page”, dove tutte le informazioni più importanti sono concentrate in un’unica landing page, che poi può portare al mettere follow e subscribe vari ai social, oppure iscriversi a una mailing list, o persino lasciare recapiti telefonici per essere ricontattati. Qualsiasi sia il mezzo, il punto di arrivo rimane sempre lo stesso: la vendita e la fidelizzazione del cliente, attraverso un processo studiato e pianificato.
Semplificando e usando le terminologie corrette, un funnel prevede un “lead magnet” (qualcosa per attirare l’attenzione) -> lead generation (tramite l’inserimento dei dati in form e/o altre forme per acquisire recapiti di vario tipo) -> lead nurturing -> lead conversion. Nonostante le fasi possano essere a volte gestite in maniere diverse, mancando di alcuni passaggi (come un’azienda capace di generare lead offline, mantenendo però i contatti interessati online) o modificandone l’ordine, è sempre importante capire che non si può creare una strategia di marketing efficiente senza pensare a questi step.
La landing page: essenziale e minimal
Come per il nurturing, si è nominato più volte il termine “landing page” e “squeeze page”, senza soffermarsi mai nello spiegare cos’è e perché è così importante.
Una landing page, come suggerisce il nome, è una pagina web dove approderanno i click d’introduzione dei potenziali prospect. Questo tipo di pagine è solitamente realizzato in una singola pagina, ripartita in maniere più o meno creative per dare l’idea di suddivisione degli argomenti allo scorrere del dito o del mouse. Estremamente simile il termine “squeeze page”, dove l’unica differenza effettiva è, appunto, il tentativo di concentrare più informazioni possibili all’interno di una singola pagina, senza sovraccaricare l’utente.
Uno dei dettami fondamentali del digital marketing odierno, è proprio il sovraccarico d’informazioni, o l’ “infodump”. Il “dump” in generale è un concetto che con internet ha preso una brutta piega, a causa del costante martellamento d’immagini, promozioni, frasi ad effetto e banner altisonanti per nascondere vere e proprie truffe. Il processo di acquisto oggi è cambiato, non si basa più su offerte pazze e qualche fanfara: i consumatori sono attenti, cercano recensioni, sospettano sempre qualcosa, vogliono sempre personalizzare questo o quel dettaglio… una squeeze page cerca quindi di soddisfare le domande fondamentali del potenziale cliente, aggiungendoci allo stesso tempo un attracco per la lead generation sotto forma di moduli.
Un mezzo, non sempre nobile, per arrivare ai propri scopi è il cosiddetto “free to use”: tramite l’offerta di e-book, brochure o persino piccoli programmi, si ottiene l’indirizzo mail o altri dati dei clienti, per poterli poi ricontattare in un secondo momento. Il free, quindi, diventa un concetto piuttosto vacuo, ma rimane pur sempre una strategia efficace.
Qualsiasi strategia di marketing che non risalga a più di vent’anni fa comprende in sé tutto ciò che è stato appena detto. La lead generation è uno degli strumenti più potenti per quanto riguarda la riduzione dei costi di acquisizione e l’ottimizzazione dei budget.
Una buona lead generation, specie se seguita da un’altrettanto buona lead nurturing, è un’arma a disposizione di qualsiasi venditore ed esperto di marketing. Come ogni arma, però, va saputa utilizzare, pena la perdita dell’investimento e dell’interesse acquisito in prima fase, con una strategia troppo sbilanciata sulla generazione di lead e troppo poco su quella di nurturing.